Progetto strategico RiskNat.
Gestione
in sicurezza dei territori di montagna transfrontalieri
Durata progetto : dal 5 maggio 2009 all’8 aprile 2012
Partners: Regione autonoma Valle d’Aosta, Regione Rhône-Alpes, Regione Piemonte, Provincia di Imperia, Regione Liguria, Regione Provence Alpes Côte dAzur, Provincia di Cuneo, Conseil Général des Alpes Maritimes, regione PACA, Conseil Général de Savoie, Conseil Général de Haute Savoie, Canton du Valais.
Finanziamento
|
|||
Italia
|
|
||
Francia
|
3 338 660 00
|
||
Totale
|
11 737 460 43
|
La proficua collaborazione tra le regioni delle Alpi occidentali è alla
base della volontà di costituire un Polo transfrontaliero sui rischi naturali.
Il progetto strategico RiskNat, nell'ambito del programma Operativo Obiettivo 3
ALCOTRA, si pone come elemento centrale di una rete transfrontaliera
consolidata, con l'obiettivo principale di creare e gestire una piattaforma
interregionale di scambio di esperienze, di valorizzazione delle informazioni e
di riflessione strategica attraverso una sensibilizzazione e la creazione di rapporti di rete e valorizzazione
delle buone prassi in materia di gestione sostenibile e sicurezza dei territori
di montagna.
Il progetto strategico RiskNat si articola in 3 volet principali:
- Creazione di una piattaforma interregionale di scambio di esperienze, di valorizzazione delle informazioni e di riflessione strategica, funzionante in rete;
- Sviluppo di metodi e di strumenti operativi, azioni innovative volte alla gestione del territorio;
- Azioni pilota di buone pratiche di presa in conto dei rischi naturali nella gestione ambientale e territoriale.
Tale approccio mira ad apportare forti ripercussioni utili alle comunità locali ed a tutti gli amministratori
responsabili dei rischi naturali :
rafforzare l'azione dei servizi tecnici e pubblici di protezione contro
i rischi naturali verso soluzioni di politiche di sviluppo territoriale
impostate sulla sostenibilità
costituire una piattaforma interregionale di scambio delle esperienze,
di valorizzazione delle informazioni e di riflessione strategica, funzionante
in rete
mettere a punto servizi e metodi innovativi di previsione e mitigazione
ad alto contenuto tecnologico
realizzare degli interventi pilota, quali buone pratiche di gestione di
rischi integrati con la gestione ambientale e territoriale
sensibilizzare gli operatori tecnici alle buone pratiche di gestione
ambientale e territoriale
stimolare la memoria collettiva delle popolazioni esposte.
Per approfondire questo progetto, sviluppero’ la pericolosita'
generata dalla degradazione del permafrost
Per definizione il permafrost è lo stato termico dei materiali
litologici (terreno o roccia) che rimangono ad una temperatura inferiore a 0°C
per almeno due anni consecutivi, senza andare incontro al disgelo nemmeno
durante l’estate.
Sebbene sia molto diffuso sulla Terra ed interessi circa il 25% della
superficie dell’emisfero settentrionale del globo terrestre, il permafrost
rimane inivisbile ai più poichè in pochi casi si trovano indizi chetestimonino
la sua presenza nel sottosuolo (lenti di ghiaccio, ghiaccio nelle fratture
degli ammassi rocciosi).
Si trova permafrost nei territori ad alte latitudini, cioè nei territori
che si trovano verso i Poli, oppure a quote elevate, come in alta montagna: nel
primo caso si parla di permafrost artico, nel secondo caso di permafrost alpino
o di montagna. Mentre il permafrost artico è caratterizzato da una certa
continuità ed è ampiamente studiato (gli abitanti di quei luoghi, infatti, da
tempo hanno dovuto trovare soluzioni ai problemi legati all'interazione con le
strutture antropiche), quello alpino è discontinuo o sporadico e solo
recentemente è divenuto oggetto di ricerche; esso è caratterizzato da un'elevata
variabilità spaziale ed è fortemente influenzato dalla topografia, in
particolare dalla quota e dall'esposizione.
Fenomeni
di pericolosità legati al permafrost
I fenomeni di pericolosità legati al permafrost sono dovuti alla
presenza del ghiaccio nei diversi materiali litologici. In particolare, i
fenomeni correlabili alla degradazione del permafrost sono correlati alla
fusione del ghiaccio, conseguente ad un aumento di temperatura del sottosuolo.
Altri fenomeni sono dovuti a quella che si può definire "normale"
evoluzione del permafrost, poiché sono legati all'ordinaria dinamica del
ghiaccio (vedi il movimento e le deformazioni dei rock glacier, che possono dar
luogo a problemi per elementi antropici posti nelle loro vicinanze, come ad
esempio impianti a fune con piloni posti sulla loro superficie, per i quali gli
spostamenti differenziali possono risultare problematici).
I pericoli naturali correlabili in particolare alla degradazione del
permafrost che possono dar origine a rischi, in quanto possono interessare
elementi vulnerabili posti nei fondovalle, sono:
− movimenti di versante (frane e crolli in roccia) dovuti allo sviluppo
di sovrapressioni idriche date dall'acqua di fusione; colate detritiche ed
altri fenomeni di trasporto solido da parte delle acque, dovute ad un aumento
del materiale detritico liberato dal ghiaccio (che costituiva una sorta di
cemento), materiale che può essere eroso con più facilità, preso in carico
dalle acque e trasportato a valle;
− accelerazione dei versanti soggetti a creep (movimenti di deformazione
lenta), ad esempio
accelerazione dei rock glacier, fino ad arrivare al collasso di queste
forme con conseguente rilascio di ingente materiale ed acqua;
− cedimenti e deformazioni dovuti alla fusione del ghiaccio,
interstiziale o massivo nei detriti,
fessurale negli ammassi rocciosi.
Studi
realizzati
Vista l'origine dei fenomeni, nell'ambito del progetto RiskNat è stata
messa a punto da GeoDigital Solutions in collaborazione con Fondazione Montagna
sicura, una procedura operativa per identificare i settori di bacino più
propensi all'instabilità e stimare l'effetto di degradazione del permafrost.
Nel contempo ARPA VdA ha avviato un monitoraggio per analizzare le condizioni
termiche del settore al fine di valutare se, in presenza di permafrost,
l'attuale regime termico possa ritenersi "critico" sotto il profilo
della stabilità.
video bilingue (francese/italiano) sugli effetti del Permafrost: IL PROGETTO PERMANET E IL PERMAFROST
Ces sites ne peuvent être décrit en un seul mot et nous avons butés sur une terminologie peut adaptée à l'estimation du danger. Malgré un sous-sol très complexe présentant tous les faciès intermédiaires entre un glaciers rocheux, de la glace morte et un glacier couvert, ces sites créent un danger du fait de la mise en mouvement d'une masse de sédiments gelés, ou souvent la glace est présente. Par soucis de simplicité nous nommerons ces zones de permafrost en mouvement glaciers-rocheux.
Dans le cadre d'une analyse du danger, c'est l'estimation du fluage généralisé et la recharge sédimentaire des ravines en contre-bas qui est importante. Seule l'utilisation d'une terminologie descriptive centrée sur les matériaux (accumulation de débris rocheux recouvrant des noyaux de glace disjoint et répartis à différentes profondeurs) et leur mode de déformations (fluage) permet une appréciation objective du danger. Même sans en connaître le mode exact de mise en place, c'est avant tout la présence de glace et ces caractéristiques qui vont régir la déformation de notre accumulation de débris rocheux.
video bilingue (francese/italiano) sugli effetti del Permafrost: IL PROGETTO PERMANET E IL PERMAFROST
Estimation
du danger issu d'une zone de permafrost alpin
Les Alpes sont soumises à tous les types de mouvement de terrain
gravitaire, chute de pierres, lave torrentielle, etc.; dangers menaçant des
infrastructures humaines, bâtiments et voies de communication. Ces dangers
évoluent sans cesse, entre autres à cause du réchauffement du climat. La fonte
de la glace cimentant des amas de débris rocheux va faire significativement
augmenter le danger dans certains secteurs du massif alpin.
CREALP a collaboré à l'action intégrée au projet INTERREG IV, "B.1-C.1 - Risques générés par l'évolution des milieux de
haute montagne" : Gestion
en sécurité des territoires de montagne transfrontaliers (RiskNat-ALCOTRA).
Dans ce cadre, deux sites de permafrost alpin en mouvement ayant provoqué des laves
torrentielles qui ont causés des dégâts aux infrastructures ont été étudié,
soit :
- Les Liapeys de Grône alimentant le Durnand, confluent de la Dranse (Entremont)
- Le "Glacier" Bonnard, source du Péterey et du torrent de Tracuit, confluents de la Navisence (Zinal, Val d'Annivier)
Ces sites ne peuvent être décrit en un seul mot et nous avons butés sur une terminologie peut adaptée à l'estimation du danger. Malgré un sous-sol très complexe présentant tous les faciès intermédiaires entre un glaciers rocheux, de la glace morte et un glacier couvert, ces sites créent un danger du fait de la mise en mouvement d'une masse de sédiments gelés, ou souvent la glace est présente. Par soucis de simplicité nous nommerons ces zones de permafrost en mouvement glaciers-rocheux.
Dans le cadre d'une analyse du danger, c'est l'estimation du fluage généralisé et la recharge sédimentaire des ravines en contre-bas qui est importante. Seule l'utilisation d'une terminologie descriptive centrée sur les matériaux (accumulation de débris rocheux recouvrant des noyaux de glace disjoint et répartis à différentes profondeurs) et leur mode de déformations (fluage) permet une appréciation objective du danger. Même sans en connaître le mode exact de mise en place, c'est avant tout la présence de glace et ces caractéristiques qui vont régir la déformation de notre accumulation de débris rocheux.
Présentation de l'étude
Le danger de formation de lave torrentielle dû aux deux glaciers-rocheux
étudiés découlent de l'arrivée d'un mélange de sédiments gelés et de morceaux
de glace dans une zone de plus grande déclivité. Le fluage du glacier-rocheux
(ou la poussée de la masse par un glacier couvert) produit un volume de
matériel facilement mobilisable sur une pente à la limite de la stabilité.
La quantification de ce danger revient à estimer le volume de sédiment par unité de temps délivré aux secteurs où les laves torrentielles se déclenchent. Pour réaliser ce diagnostic de danger, il convient : d'identifier les secteurs de déclenchement (méthodes cartographiques); de connaître le taux de déplacement apparent du matériel (méthodes de positionnement); d'identifier le plan stable et la composition du remplissage (méthodes de reconnaissances géologiques); de comprendre la dynamique du glacier rocheux (combinaison des méthodes).
Ces études opérationnelles ont nécessités de tester tout une série de méthodes. Aucune d'entre-elles n'apportait des résultats entièrement satisfaisants. Seule une combinaison de différentes méthodes et l'intégration de leur donnée dans un outils 3D permettant de gérer différentes époques a permis d'aboutir à la quantification du danger. Toutefois il nous est apparu que pour exploiter ces résultats il manquait des lignes directrices montrant comment et quand combiner les différentes méthodes. Le point central de ces lignes directrices est formulé sous la forme d'un flow-chart montrant l'enchaînement des différentes méthodes. Cet enchaînement donne le cadre global et les méthodes à mettre en œuvre devra être adapté au cas par cas en fonction de buts de l'étude, de données disponibles et de la disposition locale. Chaque méthode est décrite succinctement dans une fiche.
La quantification de ce danger revient à estimer le volume de sédiment par unité de temps délivré aux secteurs où les laves torrentielles se déclenchent. Pour réaliser ce diagnostic de danger, il convient : d'identifier les secteurs de déclenchement (méthodes cartographiques); de connaître le taux de déplacement apparent du matériel (méthodes de positionnement); d'identifier le plan stable et la composition du remplissage (méthodes de reconnaissances géologiques); de comprendre la dynamique du glacier rocheux (combinaison des méthodes).
Ces études opérationnelles ont nécessités de tester tout une série de méthodes. Aucune d'entre-elles n'apportait des résultats entièrement satisfaisants. Seule une combinaison de différentes méthodes et l'intégration de leur donnée dans un outils 3D permettant de gérer différentes époques a permis d'aboutir à la quantification du danger. Toutefois il nous est apparu que pour exploiter ces résultats il manquait des lignes directrices montrant comment et quand combiner les différentes méthodes. Le point central de ces lignes directrices est formulé sous la forme d'un flow-chart montrant l'enchaînement des différentes méthodes. Cet enchaînement donne le cadre global et les méthodes à mettre en œuvre devra être adapté au cas par cas en fonction de buts de l'étude, de données disponibles et de la disposition locale. Chaque méthode est décrite succinctement dans une fiche.
Les investigations menées sur les 2 sites ont permis de montrer que ces permafrosts
en mouvement, dans les Alpes, sont complexes. Deux points situés à peu de
distance peuvent présenter un matériel très hétérogène et changeant. Pour
simplifier, dans les zones investiguées cette variabilité couvre un panel
allant d'un type plutôt glacier couvert (Liapeys de Grônes) à un type plutôt
glacier rocheux ("Glacier" Bonnard) avec tous les intermédiaires
possibles. Cette composition du matériel a une influence la dynamique de la masse
et montre que des investigations de profondeur sont nécessaires pour apprécier
le danger.
Au "Glacier" Bonnard, ou la situation de risque est délicate, l'estimation du fond rocheux stable a permis de calculer : le volume total de sédiments en mouvement; le flux annuel apporté au torrent; ainsi que les volumes pouvant se libérer en une fois pour différentes probabilité d'occurrence. Les observations réalisées pendant le projet concordent avec celles d'autres groupes et montrent que ces volumes jouent le rôle de "détonateurs" pour les laves torrentielles. Ces volumes initiaux, vont être augmentés des matériaux disponibles dans la ravine. In fine, ils définissent les volumes (et leur probabilité) à gérer dans les ouvrages de protection à l'aval.
Pour consulter la synthèse établie en 2008 sur le permafrost alpin, cliquer sur le lien ci-après:
Impacts du changement climatique sur les systèmes naturels
Au "Glacier" Bonnard, ou la situation de risque est délicate, l'estimation du fond rocheux stable a permis de calculer : le volume total de sédiments en mouvement; le flux annuel apporté au torrent; ainsi que les volumes pouvant se libérer en une fois pour différentes probabilité d'occurrence. Les observations réalisées pendant le projet concordent avec celles d'autres groupes et montrent que ces volumes jouent le rôle de "détonateurs" pour les laves torrentielles. Ces volumes initiaux, vont être augmentés des matériaux disponibles dans la ravine. In fine, ils définissent les volumes (et leur probabilité) à gérer dans les ouvrages de protection à l'aval.
Pour consulter la synthèse établie en 2008 sur le permafrost alpin, cliquer sur le lien ci-après:
Aucun commentaire:
Enregistrer un commentaire